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La femmina.

Infinitamente deliziosa è la tua perplessità.
Degna di grande stima la tua vacuità.
Eserciti l'arte del dubbio con eleganza.

Non sei mai sicura di nulla perché questo
ti renderebbe volgare, e banale.
Ogni mattina esamini i confini del tuo volto.

Cambi il nome alle cose per confondere la
traiettoria del tuo dolore, sosti sulla segnaletica
dello stupore, e sorridi sempre all'ignoto.

Superba è la tua andatura di femmina nei
labirinti lunari dell'inganno, sei la tortura che
ogni amante sogna di provare almeno una volta.

Nascondi lame celesti nel tuo seno, fresco è il tuo
respiro di rivolta, fai arabeschi di sangue sulle
agonie del desiderio, doni morsi alle vertigini.

Ogni uomo è un frutto, e la vita ti sconvolge.









Accade che il cuore diventi pietra.

Accade che il cuore diventi pietra,

col tempo, dicono, il cuore si lascia
alle spalle tutti i tormenti, attraversa
tempeste per approdare alla quiete
di un cristallino disincanto, lindo e
stirato il cuore come una camicia che
si indossa ai funerali, e non è più una
ferita che sanguina, è solo un muscolo
fra altri muscoli, un organo idraulico,
e lo puoi quasi accarezzare come una
tigre sedata, il tuo cuore. Invano un
giorno cercherai i suoi morsi, troverai
solo sbadigli. Il tempo feroce degli addii
svanisce, e ti resta un simulacro. 
Ma non sempre è così, non sempre.
A volte il cuore resta vivo, una fitta
ancora lo seduce, ed è la condanna
di chi non si rassegna a morire, di chi
fa del tormento la propria salvezza.









Blu vertigine.

Calarsi nella meraviglia, nella meraviglia

del respiro. Non essere altro.

Oltre l'idrosfera. Abbandonare l'assillo
della memoria. Non volere di più.

Blu vertigine. Nessun nome, nessun volto
da assecondare, nessuna speranza.
Denudare ogni addio per ritrovare l'origine,
l'innesto di una coscienza incontaminata.
Sfoltire l'io, foresta di oscura solitudine.
Placare la febbre insensata dell'identità.

Inspirare, espirare, in un gioco spettrale.
E alla fine spirare in purissimo incanto.







Insonnia ed estasi.

Insonnia ed estasi quando mi dormi accanto,

nessuna sofferenza, solo splendore. 
Il privilegio di essere il testimone notturno
dei tuoi sogni, la gioia segreta di spiare le
ondulazioni del tuo respiro, molle statua che
galleggia sul mio desiderio: il tuo corpo.
Invadi il mio buio con un fuoco innocente. 

Mi fai martire della veglia, e godo anche dei
tuoi incubi che fanno tremare il tuo seno, che ti
fanno ansimare sul confine della notte, che
mi fanno vomitare inchiostro sulla tua pelle.
Vorrei essere un insetto per danzare sulle tue
ciglia musicali, vorrei essere l'alba per morire
nella implacabile freschezza del tuo risveglio.







Giallo.

L'erba del mio vicino è gialla, tutta

bruciata dal sole.

Il mio vicino sta morendo, ha il volto
giallo.

Probabilmente ha un tumore allo stomaco,
un tumore giallo.

Il giallo è un colore che odio.
Non leggo mai libri gialli.

Quando il mio vicino morirà la sua morte
diventerà un pettegolezzo.

Un pettegolezzo da spiaggia.
Un pettegolezzo giallo.
E sotto un sole giallo tuttò passerà
nel dimenticatoio.
Un dimenticatoio giallo come l'erba
gialla del mio vicino giallo.







Ti seguo

Ti seguo nell'ondeggiamento

del mio desiderio.

Animale rapito.

Seguo il mio istinto perché
tu sei il mio istinto.

Ma è abisso di odori
la tua scia.

E mi perdo. Nel mio istinto.
Mi perdo in te.

Ti seguo, sento che sei vicina,
sento che stai tremando.

Ma non avere paura, ogni mio morso
avrà la lentezza profonda

del sogno.














Il maledetto insetto

Nudo nel letto

un caldo che scioglie
le ossa

la schiena rivolta
al soffitto

un buffet di sangue
fresco

per il maledetto
insetto









L'amore è strano.



L'amore è strano. Fa finta di essere cieco

per tastare i confini del corpo.

L'amore toglie il respiro, come la morte.
Allaga le foreste invisibili del sogno.

L'amore uccide. E torna sempre sul luogo
del diletto, con passo lieve e crudele.

L'amore mette corone di spine sulla testa
di primavere irrisolte, e dilata agonie.    

L'amore è un ospedale. Un rifugio per le
ferite senza orizzonte, e senza vento.

L'amore è puro, come un grido che mette
radici sulla vertigine fiorita dei dirupi. 

L'amore è l'addio delle lontananze, concavo
specchio del delirio, danza di statue.

L'amore è il seme, la fragola buia, il senso
decapitato del cammino, la gioia esausta.

L'amore è strano, fa finta di essere cieco
per farsi condurre dalla fedeltà.











Poesia pazza.

Ora scrivo una poesia pazza, la scrivo

perché è notte fonda, e tutte le notti
sono pazze, ci avete fatto caso?

La notte mi succhia i muscoli, sento
il sangue che irrora arcobaleni azzurri
e violenti, gli occhi mi bruciano.

Tornando a casa ho calpestato il corpo
senza vita di un dio malato, mi sta
salendo la nausea dell'Infinito, lo sento.

Sento crollare le stelle nel mio imbuto
cerebrale, e tanti pesciolini rossi sono
in agonia sulla mia lingua abissale.

L'agonia è divertente, è il luna park della
morte, e le poesie pazze fanno finta
di essere poesie, tanto è notte fonda.

E tutte le vacche sono nere, e tutti i gridi
sono poesia, il cuscino attende il veleno
acido della mia saliva, incubo purissimo.





Vetriolo

Vetriolo della leggerezza.

Mi prende l'incanto del vapore
di questa mattina.

Svegliarsi è sputare fango sulle
lenzuola, è dissanguare sogni.

"Perdona l'alba perché non sa
quello che fa".

L'orrore delicato di esistere,
una corona di spine.

Crocifissione di piume, e lievi
sospiri di palpebra.

Sono un Cristo che risorge
per un caffè caldo.









Mi perdo



Mi perdo in un bicchiere

d'acqua. In un sogno.
Nei tuoi occhi. Mi perdo.

Perdo tempo. Mi perdo nel
tempo. C'è chi muore per
non perdere terreno. Dio.

Perdo il senso. Gioco a poker.
E perdo, tutto. Anche le mie
mutande chic di coccodrillo.

Vivo e mi perdo. Nella vita.
Nei suoi labirinti di vento.
Perdo tutto tranne la pazienza.

Sono paziente. Sono malato.
Malato di perdizione. E attendo.
Attendo. Ma nell'attesa mi perdo.

E dimentico che cosa attendere.
Perdo la memoria. Chi sono?
Un vuoto. Un vuoto a perdere.









La trama.



Anche se ti conosco a memoria

e limpido è il sentiero che ogni
sera mi conduce alla tua soglia,

anche se indovino i tuoi pensieri
come un mago che ha fatto corsi
di telepatia per corrispondenza,

anche se l'odore del pane fatto in
casa si posa sulle nostre lenzuola
e la luna si sfarina senza indecenze,

anche se ti amo in controluce come
una cara ombra domestica, non so
spiegarlo, ma riesci a sorprendermi,

con poco, con quel sorriso che resta
ancora un enigma, con un gesto che
per miracolo sfugge la trama consueta.





Miniature.

Miniature di agonie siamo, scintille

nell'occhio di un cielo indifferente.

Quello che per noi è tempesta, fulmine
nella carne, marcia trionfale del dolore,

quello che per noi è lamento inesausto,
feroce travaso di bile, fuoco di nervi,

per le nuvole è vapore, sonno, quiete
di lampi, diluvio di attimi freschi, vita.

Quello che per noi è massa tumorale,
annegamento, ustione, delirio cerebrale,

per l'abisso è gioco di bollicine, spuma,
onda che disseta la roccia, estasi di pietra.







Sequenza.



Una fitta al cuore.

Poi un nido
di pietra.

E una primavera
mancata.

Per un
soffio.









L'apriscatole.

L'apriscatole elettrico è rotto.

Sono stanco. Non ho voglia di
fare fatica. Lei è lontana.

Questa notte le lenticchie
si sentiranno sole. Andrò a
letto a stomaco vuoto.

Ho paura di sognarla, in sogno
i baci non hanno sapore.
Lei è un addio riuscito.









Atroce.



Atroce è morire quando hai un libro aperto sul comodino.
Quando hai un'attesa ancora fresca nel cuore.
Quando la primavera spettina i capelli di una donna.
Quando un fiore ha giurato vendetta al tuo amore.
Atroce è morire quando hai un appuntamento con un segreto.
Quando i bambini giocano per strada sotto le nuvole.
Quando vorresti ricordare ma la memoria si nasconde.
Quando non hai tempo da perdere, quando vuoi vivere.
Atroce è morire, sempre, anche nel sonno, fra i tuoi sogni.
Anche nel dolore, anche nella disperazione, anche ora.
E se morire è atroce significa che vivere è una meraviglia.








Non fa male.


Ancorato a un tremito.

Felice colui che salva il proprio dolore
dall'insidia del vuoto.

Non fa male questa notte e
questa scheggia di luna

nel cuore.

Non fa male se docile al pianto
il dolore è sete di un volto

perduto.









Poesia cattiva.


Ho decapitato lumache.
Gettato pesciolini rossi
nella profondità dei pozzi.
Ho messo il sale sulle ferite
di un dolore insipido.
Ho capovolto scarabei
nella luce del sole.
Spruzzato alcol su formicai
africani e australiani.
Ho amato una donna
in un addio scarnificato.
Ho colto un fiore per
seppellirlo in un vaso.
Frantumato uno specchio
per riconoscere il mio volto.
Ho seviziato una lucertola
per tornare bambino.
Ho dato appuntamento a
un sogno nella realtà.
Spolverato un mobile antico
per vedere il presente.
Ho cucito una vertigine
in un cuscino bianco.
Ho amato un angelo
per deridere il cielo.
Ho fatto tutto questo
per puro divertimento.
E sono rimasto uomo.








Paura di volare.


No. Non è paura di volare. E nemmeno paura dell'aereo.
Volare è meraviglioso, le nuvole sono misteriose anche da vicino.
E gli aerei sono capolavori, macchine aerodinamiche che tolgono il fiato.
E non si tratta di paura, ma di angoscia. Le statistiche non mi rassicurano,
so che l'auto è più pericolosa. Non è il pericolo che mi angoscia, vivere è
pericoloso. Mi angoscia l'assenza di speranza. Anche accartocciato fra le lamiere
di un'automobile ho la speranza di aprire la portiera, magari la portiera non
si aprirà, ma farò di tutto per aprirla e tornare a guardare il cielo con la benzina
negli occhi. Invece se l'aereo precipita la speranza diventa risibile. Quasi nulla.
E muore per prima, non per ultima. Anche se l'hostess è scosciata e ti ha dato il
suo numero di telefono sei perduto, sei già carbonizzato. Ogni compagnia aerea
dovrebbe installare sedili d'emergenza a espulsione per ogni passeggero, con
paracadute incorporato, questa sarebbe una speranza. Potrei volare sereno.
E magari un giorno sedermi fra le nuvole. Mentre l'aereo precipita lontano.
In un silenzio di fiamma.









Un attimo di pausa.


Un attimo di pausa. La vita eterna? No grazie.
Non potrei mai stare in un posto senza potere
dire a me stesso- domani è un altro giorno -.

Non sono ateo, ma sono momentaneamente
assente per tutte le religioni.

Reincarnazione? No grazie. So già che diventerei
un gambero, e non me la sento di correre il rischio
di finire nella salsa rosa o alla griglia.

Nirvana? Sì grazie, con ghiaccio. Nirvana
on the rocks. Il mio cocktail preferito. A parte
gli scherzi, un attimo di pausa, solo un attimo.

E poi si vedrà, chi morirà vedrà.









Tremo e tu sorridi.


Tremo. Tremo d'angoscia.
Una finestra nella carne.
Mi butto e precipito dentro
di me. I ricordi mangiati.
Dai topi. Le dita spezzate.
In preghiere senza nome.

Una favola accartocciata.
Nel buio. Cuore di bimbo.
In rivolta. E lacrime nere.
Sul volto. Oltre il volto.
Chiodi musicali. Grido e
luce. Mio infinito. Nulla.

Tremo. E tu sorridi.










Amore urbano.


Nettezza, non urbana. Spirituale.
Sensi unici. Gli unici sensi che
abbiamo. E il tuo volto, icona
dell'addio, che si perde nella
folla. Di te mi resta un divieto
di sosta. Continuo la farsa delle
movenze quotidiane, recito il mio
respiro sui palcoscenici della
trasparenza. Perché a ogni incrocio
incontro la tua ombra?










L’inconveniente.



Tramonto. Gabbiani.
Mare. Un chiodo nella sabbia.
Tetano in agguato.
Anche nella più banale
delle poesie.









Sogna e crede di essere folle.


Lei sogna serpenti che entrano nella sua bocca.
Serpenti che strisciano nelle sue viscere.
E che risalgono alla gola per soffocarla.
" Dalla mia bocca usciva carne viva che sfilavo
con le mani come una matassa. E mentre
lo facevo dovevo nascondermi in una stanza bianca.
Sono pazza". No, non sei pazza. I sogni sono pazzi.
Sono mostri dalle mille teste. Sono esche gettate
nei nostri abissi congelati. E anche quando sono
incubi, gridi conficcati nella carne, i sogni sono solo
sogni. Ombre che si perdono nella notte dell'universo.
Nella notte dei nostri fragili risvegli. E quella stanza
bianca che è il tuo ultimo rifugio, il telo innocente
dove proietti le tue paure ancestrali, i tuoi desideri
viventi, non è che il simbolo intatto di una purezza
che non vuole morire, che non vuole lasciare
l'ultima parola al silenzio. Non sei pazza. Sei viva.
E non è un sogno. La vita è la sorgente. Dalla sua bocca
sgorgano tutti i sogni. E tu hai ancora sete.









Guardarsi dentro.


Mi guardo dentro solo quando voglio aprire gli occhi.
Temporali sommersi, alluvioni di sogni, parole di fango.
Trema il paesaggio dell'anima. La paura è il suo segno.
Madri dissanguate e ventri vuoti. Ebbro sentiero della
rivolta. La cieca felicità di toccarsi nell'intimo. Specchiarsi
nell'ignoto. Cercare come un pazzo il volto perduto.
Tenebre di formicai deliranti, la realtà diventa polvere.
Un macigno è cielo. L'aurora è buio disfatto. La morte.
La morte è sentiero divorato. La vita è cicatrice d'aria.
Mi guardo dentro per ingannare la primavera. Questo
soffio che fa germogliare l'incanto del Creato. Sangue
celeste nella mia gola, non si può sfuggire alla bellezza.
Oltre le costellazioni dei miei occhi il fuoco purissimo
dell'Origine reclama un testimone. Allora guardo fuori.
E un brivido sconosciuto mi dice che sono ancora vivo.
Ed è voragine di lontananze, gioia che devo accogliere.
Per farlo basta il lievito del coraggio: un respiro libero.









Primo sonetto fuori sillaba.



Con il freddo bisturi sono nato
hanno aperto il ventre materno
oh tragica mutazione di stato
dal paradiso dritto all’inferno

da un sogno mi hanno estirpato
bramavo di restare all’interno
nella vita mi hanno gettato
una scoria in più verso l’Eterno

ho varcato la soglia delle cosce
ho infranto la placenta stellare
ho perduto la salute mentale

ora ho un carico di angosce
che nessuno potrà rasserenare
non più feto ma comune mortale.












Eterno blu morte.



In un nido di cristallo
covo il mio delirio

la libertà è crudele
schiaccia i respiri

che non sanno essere
cielo.










Candy.



Candy è una puttana di colore
che si staglia nella notte
contro il mare della Versilia
ho pagato per stare vicino a lei
(è stato terribile perché avevo
voglia solo di accarezzarla)
mi ha visto triste e malinconico
alieno da ogni forma di erezione
così mi ha chiesto-cos’hai?-
le ho detto-la mia ex donna
mi ha tradito con un ex amico,
lui è un vero avvoltoio, lei falsa
come la morte, come la vita-
Candy mi ha guardato stupita
con gli occhi tagliati dalla luna
poi ha esclamato-no, ma che puttana!-
non ti dimenticherò mai…
dopo Candy ho conosciuto Mimì
ma questa è un’altra poesia.










La dolce assassina.


Ti sei appena svegliata e non sai
che ho vegliato tutta la notte il tuo corpo
e ho aperto lo scrigno fragile
del tuo sonno stellato, ti ho consumata
come una caramella notturna,
il sapore invisibile dei tuoi sogni
si è sciolto dentro di me, eri rugiada
zuccherina, densa attesa di un mattino
inesplorato, ho nascosto una carezza
sul tuo volto, ora che sei tornata alla luce
sentirai il richiamo cristallino dello specchio
e vedrai il segno indelebile del mio amore,
limpida ombra dai contorni dorati,
tornerai stupita al mio fianco, felice
come una bambina che ha appena
scoperto un segreto, e bacerai
le mie mani immobili, non sapendo
chi fra le due è la dolce assassina.











Non ci sono scuse.

Ho allucinazioni continue. Imbuti paradisiaci

che mi fanno ingoiare stelle carnali e ossi. 
Ho una fame che precede l'universo, morsi
inattesi, disvelamenti del dolore di nascere,
come molle che esplodono nelle viscere dei
materassi per trattenere i miei risvegli, mi si
spappola l'infinito quando incontro l'amore,
ed è sempre amore, anche quando urlo nella
notte alla ricerca di un silenzio dirompente.
La cerniera del mio sorriso si apre sulle agonie.
Vastità di tenebra si appiccicano alla gola.
E respirare sembra una follia pura come la
semenza del peccato che fa nascere la vita.
Non ci sono scuse per non essere felici.









Eterna vertigine



Dai tuoi svenimenti di pietra

risorgi polvere, intarsio di
fragilità e vento, e di quel
piccolo nulla che è la morte
ti resta addosso solo aria.

Mistica divoratrice dei miei
sogni, non sei mai stata carne,
corpo fessurato, ferita aperta
a ogni esperienza, no, tu sei
sempre stata puro sgomento.

Perpetua incandescenza, forse
una notte, solo una notte,
posso dire di averti incontrata
nel regno dei fiori carnali, ma
eri già lontanissima, eco di baci. 

E con l'infallibile eleganza della
crudeltà stavi confezionando 
l'addio che mi avrebbe divorato.
Ma non c'è tormento in me, anche
solo averti sfiorata è eterna

vertigine.











Ancora più a fondo.

Ancora più a fondo, andrò ancora più a fondo.
E non avrai scampo. Nel solco della tigre vivrò.
Farò un frullato di vento e follia per i tuoi dolori.

Ancora più a fondo, andrò ancora più a fondo.
E avrai timore di me. Sarò la notte dei tuoi sorrisi.
Per trovare pace dovrai fuggire lontanissimo.

Ma non ti servirà a nulla perché conservo tutti
i tuoi sentieri nel mio scrigno maledetto. Amore.
Ancora più a fondo, andrò ancora più a fondo.









La consapevolezza.



Un entusiasmo feroce mi pervade,

ed è la consapevolezza di essere
mortale, profonda sintesi delle mie
vertigini, specchio nella mia gola.

Siamo appesi a un filo? Sì, ma è un
filo d'oro che risplende nella notte.
Una ghigliottina di cristallo è in attesa,
e il boia ha lo sguardo di una madre.

Aria fresca da divorare, cieli troppo
distanti e ali ferite, ma quanta gaia
disperazione, quanta gioia nelle vene
che restano a insanguinare i fiori.









So ancora sognare.

So ancora sognare, è la sola

facoltà rimasta, sogno il rubino
ardente dell'amore, e spero.

Speranza atroce, cieca, trafitta,
ma sempre speranza di un viso
da posare nel mio buio devastato.

Un viso che giace nel segreto
di una notte futura, che vive nello
spavento di una gioia attesa.









Una strana mancanza.



Sei vicina

vicina al mio
cuore
e sento la tua
mancanza
così forte che
mi sembra
di venire meno

Ma se sei
lontana
lontana dal mio
cuore
sento la tua
presenza
come un respiro
sulla pelle

Perché
misura di tutte
le cose
è il sogno
misura estrema
sospesa
tra il nulla e
l'attesa







In queste domeniche senza amore.



Una brezza leggera sul viso.

Qualche nuvola sulla tovaglia.
Un camaleonte impazzito nel
cuore trasparente del giorno.

E il vetriolo versato nel formicaio
dei ricordi.







Fra poco



Fra poco, fra poco accadrà qualcosa.

Accadimento silente. E grandioso.

Passerà un angelo a soffiare sulla
mia fronte, e io avrò l'ardire di posare
una mano sul suo sesso sconosciuto.
Fra poco, fra pochissimo accadrà tutto.
Tutto è già accaduto, per questo accadrà,
ancora e ancora. Fra pochissimo, e se
cataclismi di morte verranno a prendermi,
a prendere il mondo, avrò sempre la
febbre di ciò che ho vissuto e che vivrò
fra poco, fra pochissimo...ora.

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